Cari Concittadini,
stiamo vivendo giorni difficili, giorni che rendono problematiche o addirittura impossibili anche le tradizionali celebrazioni della nostra vita civile.
Il IV Novembre è appuntamento doveroso per ricordare una pagina della storia mondiale che profondamente ha inciso anche sulla nostra comunità.
Per le esigenze dettate dall’emergenza sanitaria quest’anno siamo stati costretti a ridurre il programma di questa Giornata alla semplice deposizione di una corona al Monumento ai Caduti.
Un gesto che compio a nome di tutti Voi a più di cento anni dalla conclusione di un conflitto che rappresentò la prima guerra totale, la prima guerra di masse.
Una guerra che causò a livello mondiale 9 milioni di vittime fra i militari e che, si stima, ne causò altri 5 milioni fra i civili a causa di bombardamenti, di occupazioni, di stenti e di malattie. La “spagnola” colpì inesorabilmente al fronte e nelle case, provocando poi ulteriori milioni di morti.
Alcuni storici per quanto concerne il nostro Paese l’hanno definita “uno dei maggiori disastri della storia italiana”: l’inutile strage, come venne definita da Papa Benedetto XV, iniziò per l’Italia nel “radioso maggio” e tutti, interventisti e non interventisti, erano convinti che sarebbe durata solo pochi mesi.
Un errore che, come altre volte nella storia, fu pagato a caro prezzo. Pagato dai militari al fronte, pagato dalle loro famiglie e da tutti i civili.
Lo stesso presidente del Consiglio, Salandra, pensava che tutto si sarebbe esaurito entro l’anno e infatti si pensò in ritardo anche agli approvvigionamenti del primo inverno al fronte.
Lo spirito era all’inizio fu quello risorgimentale, ci si illudeva che poche battaglie con accompagnamento di bandiere e fanfare potessero piegare in poco tempo un esercito austriaco considerato poco preparato. Non fu così.
Era un’Italia da poco unita, ancora tutta da costruire: la partecipazione alle vicende nazionali era riservata solo a pochi, alle elezioni del 1913 avevano diritto di voto 8,4 milioni di italiani su 36 milioni.
Cinque milioni di italiani furono richiamati alle armi, seicentomila morirono solo in combattimento, in una guerra che costò allo Stato 148 miliardi di lire, il doppio delle spese complessive degli ultimi 50 anni (1861 – 1913).
Costi umani e economici enormi per ottenere qualche territorio che probabilmente si sarebbe potuto ottenere anche per vie diplomatiche.
Ed anche la nuova era per l’umanità che ci si augurava sorgesse dalla fine del conflitto fu soltanto una tragica illusione.
Meda pagò un conto salatissimo. Furono richiamati alle armi 1.700 uomini, fra giovani e meno giovani: il 23 per cento di una popolazione che allora contava 7.500 abitanti.
128 soldati caddero in battaglia oppure perirono a causa di ferite o malattie contratte al fronte. A casa, le condizioni economiche peggiorarono notevolmente, molti vivevano di stenti, le malattie – influenza spagnola, tubercolosi, vaiolo – provocarono vittime ogni giorno.
Oggi ricordiamo con commozione tutti loro.
I caduti di cui questo monumento ospita le salme e i resti. I caduti altrove sepolti. Tutte le persone civili e militari che soffrirono o persero la vita.
Il loro sacrificio e le loro gesta eroiche ci aiutino a percorrere sempre con forza e decisione la strada verso un mondo migliore.
Il loro ricordo ci sproni ad apprezzare, difendere e preservare i tempi di pace che stiamo vivendo.
Il vostro Sindaco
Luca Santambrogio